
Di Ernesto Melappioni
Donald Trump ha innescato la sua seconda crisi in politica estera più grave nella storia contemporanea degli Stati Uniti, rafforzando la sua posizione di autocrate a discapito dei diritti umani, della costituzione statunitense e del diritto internazionale. Attorno alle ore 20:00 di Sabato 21 giugno ora locale di Washington DC (ore italiane 02:00 di domenica 22 giugno), Donald Trump in pieno solstizio d’estate ha dichiarato al mondo intero, tramite un post su Truth Social, che gli Stati Uniti avevano appena completato con successo un operazione militare in Iran distruggendo i siti nucleari di Fordow, Natanz e Esfahan: “Abbiamo completato con successo il nostro attacco ai tre siti nucleari in Iran, tra cui Fordow, Natanz ed Esfahan. Tutti gli aerei sono ora fuori dallo spazio aereo iraniano. Un carico completo di bombe è stato sganciato sul sito principale, Fordow. Tutti gli aerei stanno tornando in sicurezza a casa. Congratulazioni ai nostri grandi guerrieri americani. Nessun altro esercito al mondo avrebbe potuto fare questo. Ora è il momento della pace!”
Alle ore 22:00, dopo 2 ore dall’avvenuto attacco (ore 04:00 italiane) Donald Trump ha rilasciato un discorso alla nazione aggiungendo i particolari dell’attacco affermando che sono stati utilizzati gli speciali bombardieri B2 in grado si sganciare le famigerate bombe GBU, in dotazione solo agli Stati Uniti, capaci di distruggere strutture sotterrane blindate come quelle degli impianti nucleari iraniani colpiti.
Non si è lasciata attendere la risposta mediatica dell’Iran sul social X che ha minacciato “conseguenze eterne” per gli USA che hanno violato la Carta dell’ONU con gli attacchi subiti. Nel post il ministro degli Esteri di Teheran Abbas Araghchi ha scritto: “Gli Stati Uniti, membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, hanno commesso una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e del Trattato di non proliferazione nucleare attaccando gli impianti nucleari pacifici dell’Iran”.
Non è venuta meno neanche la soddisfazione di Benjamin Netanyahu che dopo l’attacco si è congratulato personalmente con Trump a stretto giro telefonico oltre a congratularsi pubblicamente con lui attraverso i media: “Congratulazioni, presidente Trump, la sua coraggiosa decisione di colpire gli impianti nucleari iraniani con la straordinaria e giusta potenza degli Stati Uniti cambierà la storia. Il Presidente Trump ed io diciamo spesso: Pace attraverso la forza. Prima viene la forza, poi viene la pace. E stasera, il Presidente Trump e gli Stati Uniti hanno agito con grande forza”.
Questo inquietante scenario ha scatenato l’indignazione dei democratici di Capitol Hill. Trump non ha richiesto il dovuto “ok” del congresso come previsto dalla costituzione in questi casi, ma ha attaccato l’Iran di sua iniziativa abusando del potere concessogli. Infatti, la Costituzione statunitense sancisce che il Presidente può intervenire in un conflitto, senza passare dal Congresso, solo se esiste una minaccia reale e diretta nei confronti degli Stati Uniti. Minaccia che nella fattispecie è priva di qualsiasi fondamento giuridico. Sia nel merito, che nel metodo, nelle tempistiche che nelle proporzioni.
Una scelta prepotente che ora ha esposto inevitabilmente la popolazione statunitense a possibili atti terroristici interni o peggio ancora a una guerra mondiale a pezzi che potrebbe espandersi a macchia d’olio aggravando la già precaria situazione bellica internazionale dopo gli accesi conflitti russo-ucraino e israeliano-palestinese ancora rimasti irrisolti. L’azione di Donald Trump, presa più come uno Zar che come un presidente degno di uno Stato di Diritto e di una nazione democratica, ha esposto ulteriormente il genere umano verso l’abisso di una cruente terza guerra mondiale. Considerati gli ingenti interessi economici incrociati che sussistono tra le diverse nazioni del mondo con le nazioni già in conflitto.
Dopo il grave caso dell’Ukraina Gate è la seconda volta che Donald Trump, dalla sua posizione di potere, trasgredisce i principi giuridici dello Stato di Diritto a difesa dei diritti fondamentali dell’uomo che sanciscono a chiare lettere che “nessuno è al di sopra della legge”, neanche il presidente di una nazione. Donald Trump, per la seconda volta, ha dato un’altra spallata al diritto internazionale a protezione dei diritti umani sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite del 1945 e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Posizionandosi chiaramente fra quei leader nostalgici e ultraconservatori a cui tanto piace lo “Stato Iperumano” intriso di patologico nazionalismo e retorica “divina” che considera l’individuo come oggetto del suo diritto interno e non come soggetto in diritto internazionale per come sancito dalle dichiarazioni, convenzioni, trattati e patti internazionali a difesa dei diritti inalienabili dell’uomo raggiunti dopo enormi sacrifici e decennali azioni diplomatiche.
Quello che ancora non viene messo a fuoco dall’opinione pubblica, disorientata dai risorti culti della personalità, è che, dopo millenni di Monarchie Assolute, solo nel 1789, con la Rivoluzione Francese, il genere umano ha intrapreso un cammino di emancipazione dagli Stati Autoritari e dalle minoranze dominanti al loro comando. Un cammino verso la costruzione di un mondo migliore basato sui diritti umani, civili e politici. Un cammino che dopo aver attraversato lo sfruttamento umano nelle fabbriche della prima e seconda rivoluzione industriale, i totalitarismi del 900 e due guerre mondiali è approdato per la prima volta nella storia umana alla Dichiarazione Universale di Diritti Umani e alla formula dello Stato di Diritto a protezione dei diritti fondamentali dell’uomo e dell’infante.
Soggetti come Donald Trump e prima di lui Vladimir Putin in Russia, Benjamin Netanyahu in Israele, Recep Tayyip Erdoğan in Turchia, Viktor Orbán in Ungheria stanno chiaramente ponendo in essere le basi di una restaurazione internazionale dei sistemi autoritari, facendo leva sui deboli sistemi democratici dei novizi Stati di Diritto in cui vige la separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) a garanzia e in difesa dei diritti umani. Queste nuove forme di regimi autoritari, anche dette “democrazie illiberali”, sono riuscite a emergere proprio attraverso mirate riforme costituzionali atte a demolire la separazione dei poteri per accentrare il potere legislativo e giudiziario nelle sole mani dell’esecutivo. Una questione che ruota tutta intorno ai deboli sistemi democratici che ancora non offrono alle popolazioni una oggettiva e consapevole partecipazione politica per difendere direttamente i diritti umani, civili e politici conquistati dalle lotte delle generazioni passate attraverso validi strumenti di democrazia diretta che permettano un concreto controllo sull’operato dei governi e dei rappresentanti. Una carenza anche alla base del crescente astensionismo per l’evidente senso di impotenza delle popolazioni che si sentono continuamente raggirate dalle promosse elettoriali che non vengono mai mantenute.
Una spinosa questione approdata in parte anche in Italia che vede l’odierno esecutivo procedere verso una serie di riforme atte a spezzare la divisione dei poteri. È inutile far finta di nulla. Anche il più mediocre studente di diritto sa perfettamente che lo strumento del decreto legge utilizzato per il DDL sicurezza ha violato la Costituzione dello Stato di Diritto italiano indebolendo i diritti umani, civili e politici di tutti. Nascondere la testa nella sabbia come gli struzzi non fa bene a nessuno. L’intera umanità è legata dal medesimo diritto di emancipazione dagli Stati Autoritari sancito dal principio di autodeterminazione stabilito dall’art. 1 comma 2 della Carta delle Nazioni Unite. Se cadesse l’ONU (depositaria della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani) e la sua delicata azione diplomatica, l’intero genere umano ritornerà ai porti e quel poco che è stato conquistato fino ad oggi finirà nel dimenticatoio della storia.
Oggi, più che attenzionare le eventuali ripercussione dell’Iran, bisognerebbe attenzionare i meccanismi di controllo e bilanciamento degli Stati Uniti e vedere se questa volta riesce a passare la richiesta di impeachment su Donald Trump che i democratici stanno formulando in merito all’attacco illegale all’Iran. Diversamente da quella che non è riuscita a passare sull’Ukraina Gate del 2019 a causa del blocco dei senatori repubblicani che alla fine ha incendiato la guerra in Ucraina per favorire il regime autoritario di Putin.
Il genere umano sta attraversando il periodo più buio della sua storia. Una cosa è certa, la guerra in corso del 21° secolo è tra umani e disumani, anche in mezzo alla gente comune. Solo dei disumani possono appoggiare le politiche anacronistiche di leader autoritari che vogliono bloccare il progresso sociale mondiale sancito nella rivoluzione giuridica e culturale partita con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 di cui l’ONU è depositaria. Donald Trump non ha bombardato l’Iran, ha bombardato l’ONU, lo Stato di Diritto e i diritti fondamentali di tutti gli individui del pianeta terra.