DISSENTIRE CON GRAZIA

Pubblicato il 20 giugno 2025 alle ore 16:31

LA VOCE DI UNA DONNA CHE HA SCELTO LA VERITÀ A OTTANT’ANNI.

Di Luca Locatelli

LA VOCE DI UNA DONNA CHE HA SCELTO LA VERITÀ A OTTANT’ANNI.

Cosa accade quando una donna di ottant’anni, ex insegnante, madre, moglie, appassionata di arte e letteratura, si ritrova chiusa in casa in piena pandemia, circondata da bollettini di morte, silenzio e paura? Cosa succede se, invece di spegnersi nell’angoscia o rifugiarsi nel conformismo, comincia lentamente a mettere in discussione ciò che ha sempre creduto? Accade che nasce un libro come Il ricordo e l’inganno. Dissentire a ottanta anni.

Non è un testo accademico, non è un pamphlet politico. È qualcosa di più raro: un gesto di coscienza. Un atto di libertà. Un racconto intimo e onesto che attraversa una vita intera – dagli ideali del Sessantotto all’entusiasmo per l’Europa, dall’insegnamento al rapporto con i figli – riletta alla luce di un presente inquieto. La pandemia, in questo percorso, è meno il centro e più la miccia: l’occasione dolorosa e necessaria per fermarsi, per sentire il disorientamento, per risalire il fiume della memoria e domandarsi dove, come e quando abbiamo smesso di pensare con la nostra testa.

L’autrice – che non è un personaggio pubblico, ma proprio per questo rappresenta milioni di persone invisibili – parte da una condizione comune: la paura.

“Avevo paura del virus, sì. – racconta in una intervista- Ma poi ho capito che avevo paura di molto altro. Paura di non riuscire più a distinguere cosa fosse vero e cosa no. Paura di vedere intorno a me persone spegnersi nel silenzio. Paura di me stessa, delle mie esitazioni, delle mie certezze mai messe davvero in discussione.”

Questa confessione è il punto di partenza di un percorso che non ha nulla di ideologico. Non c’è arroganza, non c’è spirito di crociata. C’è invece una lucida e faticosa rilettura di ciò che l’autrice ha vissuto e insegnato. Perché, come ex insegnante, ha sempre trasmesso l’importanza del pensiero critico. E oggi, a distanza di decenni, si trova di fronte a una società che in nome della “scienza” ha chiesto a tutti di smettere di dubitare.

Un giorno legge su un giornale: “Essenza della democrazia non è farsi un’opinione, ma fidarsi di chi sa”. E si sente tradita. Lei che aveva insegnato agli alunni a leggere i giornali in parallelo, a confrontare le versioni, a porsi domande. Come poteva arrendersi al pensiero unico? ll libro è attraversato da domande di questo tipo. Non ci sono risposte nette, ma osservazioni, ricordi, intuizioni. Si parla della scuola, dell’educazione, della libertà di insegnamento, del ruolo dei media, della funzione della paura come strumento di controllo. Ma tutto questo passa attraverso lo sguardo di una donna che ha scelto di non rimanere ferma, nemmeno alla soglia della vecchiaia.

I passaggi più intensi sono forse quelli dedicati alla famiglia. I figli, in particolare, sono protagonisti silenziosi ma fondamentali. Alcuni, come Luca e Desiré, prendono decisioni diverse da quelle suggerite dal mainstream. E questo inizialmente spaventa, destabilizza. Ma diventa anche uno stimolo.

“Ho provato rabbia, paura, delusione. – continua nell’intervista- Poi ho provato a capire. E ho scoperto che quello che mi sembrava irresponsabile, era forse solo più coerente di me. Loro non avevano paura. E io, che ne avevo tanta, ho cominciato a seguirli con gli occhi della mente.”

Accanto alla tensione interiore, c’è il sostegno. Serena, la figlia, e Marco, il compagno, sono presenze affettuose, discrete, che aiutano l’autrice nei momenti più fragili. Il libro è anche una dichiarazione d’amore silenziosa verso queste figure che l’hanno accompagnata nella sua trasformazione.

Ma ciò che colpisce è che questa trasformazione non è vissuta come un capovolgimento improvviso. Non c’è rottura, c’è maturazione. La donna che ha scritto queste pagine non rinnega ciò che è stata. Si guarda con tenerezza e con fermezza.

Ha creduto nell’Europa dei popoli. Oggi vede l’Europa dei mercati. Ma non si pente di averci creduto. Solo, non vuole più restare cieca.

Perché questo libro è importante?
Perché non urla, non accusa, non divide. Ma mostra. Mostra cosa vuol dire cambiare. Cosa vuol dire pensare, ancora, anche quando sarebbe più comodo smettere. Cosa vuol dire dissentire con grazia, con pudore, con onestà.

In un tempo in cui tutto si grida, Il ricordo e l’inganno si sussurra. Ma resta addosso come solo le voci vere sanno fare.

E allora sì, vale la pena leggerlo. Per ricordarci che anche all’ultimo tratto del cammino, è possibile deviare da un sentiero sbagliato.
E cominciare a cercare la verità.

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