ecco quanto pesa
sul pianeta

Foto di Kohji Asakawa da Pixabay
Lo usiamo ogni giorno per svariate attività: per lavorare, informarci, guardare video, film o per ascoltare musica, oltre che per comunicare con gli altri o chiedere un consiglio all’intelligenza artificiale. Ma ci siamo mai chiesti quanto inquina Internet? La Rete non è solo un universo virtuale, ma è un vero e proprio ecosistema energivoro, che consuma elettricità, acqua e risorse materiali, generando emissioni di gas serra paragonabili a interi settori industriali.
Data center: le fabbriche invisibili di CO₂
I “cuori” di Internet sono i data center, enormi infrastrutture che elaborano e archiviano dati, alimentando tutto, dai social network ai motori di ricerca. In tutto il mondo i data center registrati sono più di 11.000, spesso sono concentrati in aree specifiche. Solo negli Stati Uniti, nel 2024, i data center hanno consumato il 4,6 % dell’elettricità nazionale (quasi il doppio rispetto al 2018), producendo 105 milioni di tonnellate di CO₂, una quantità di emissione di gas serra superiore del 48 % alla media nazionale. A livello globale, l’intero comparto digitale è responsabile del 4–5 % delle emissioni di gas serra, più del trasporto marittimo e quanto l’aviazione civile.
Il confronto tra i settori inquinanti
· Settore digitale (Internet + ICT) - Emissioni globali: 4–5 %
· Aviazione - Emissioni globali: 2,5–3 %
· Trasporti (totale) - Emissioni globali: 18–20 %
· Agricoltura e allevamento - Emissioni globali: 14–15 %
· Edifici residenziali - Emissioni globali: 7–8 %
L’Intelligenza Artificiale: acceleratore di inquinamento
Con l’ascesa dell’AI generativa (ChatGPT, traduzioni automatiche, automazione), il consumo energetico è esploso. Un singolo modello AI può produrre fino a 50 tonnellate di CO₂ solo per l’addestramento. Dal 2020, le emissioni indirette dei big tech (Google, Microsoft, Amazon, Meta) sono aumentate del 150 % a causa dell’espansione dell’AI. Google, ad esempio, avrebbe visto un aumento reale delle sue emissioni tra 2010 e 2024 del 1.515 % secondo il report Kairos, rispetto al 820 % dichiarato dai dati aziendali. Secondo il FMI (Fondo Monetario Internazionale) l’AI da sola potrebbe triplicare la domanda elettrica del digitale entro il 2030, arrivando a consumare 1500 TWh annui, ovvero più dell’intera India oggi.
Internet: l’impatto sulle risorse idriche
Un aspetto meno noto è il fabbisogno idrico dei data center, che richiedono raffreddamento costante. In media servono circa 2 litri di acqua per ogni kWh consumato da un data center (per raffreddamento “a chiller”). Di conseguenza, gli enormi consumi elettrici dei data center si traducono in un altrettanto consistente fabbisogno idrico. Recenti studi calcolano che nel 2022 i soli data center di Google, Microsoft e Meta hanno prelevato complessivamente circa 2,2 miliardi di m³ di acqua pulita (pari al consumo idrico annuo di due Paesi come la Danimarca). Inoltre, l’introduzione dell’IA (modelli di deep learning, supercomputing) sta facendo crescere esponenzialmente i fabbisogni energetici e quindi idrici. Va ricordato anche che molta di quest’acqua è “acqua potabile”. Tutto ciò ha un impatto significativo sull’ambiente, specialmente in quelle zone che hanno già problemi di siccità, come Arizona e Oregon.

Si calcola che un singolo impianto da 100 MW possa consumare 2 milioni di litri d’acqua al giorno. Nel 2022, il digitale ha consumato 560 miliardi di litri d’acqua.
Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), entro il 2030 la domanda di elettricità globale potrebbe “più che raddoppiare” proprio a causa dell’AI, con ripercussioni serie sulle risorse idriche.
Ma quanto può essere realmente impattante l’utilizzo dell’AI?
É stato calcolato che un testo di cento parole generato da ChatGPT consumerebbe l’equivalente di una bottiglietta di acqua. Tali dati suggeriscono che Internet e AI stiano diventando dei concorrenti silenziosi dell’agricoltura e delle comunità locali.
Foto di Akela999 da Pixabay
Inquinamento da produzione e smaltimento (e-waste)
La catena di produzione e fornitura dell’ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) comporta notevoli impatti ambientali: l’estrazione di minerali (litio, cobalto, terre rare, oro, ecc.) e la produzione di chip e componenti elettroniche sono processi energivori e inquinanti. Ad esempio, gli studi indicano che oltre l’80% della CO₂ emessa da uno smartphone avviene durante la sua produzione (estrazione mineraria, lavorazione e assemblaggio). Ciò comporta una “impronta nascosta” che va oltre l’uso energetico finale. Sebbene non esistano statistiche globali consolidate sulla questione, è chiaro che la parte upstream (produzione) costituisce la maggioranza dell’impronta ecologica dei dispositivi digitali.

Foto di Dmitriy da Pixabay
E-waste: i rifiuti elettronici
Il fenomeno più evidente di inquinamento da smaltimento è l’e-waste (rifiuti elettronici). Secondo il Global E-waste Monitor delle Nazioni Unite, nel 2022 si è raggiunto un record di 62 milioni di tonnellate di e-waste prodotto globalmente, in aumento dell’82% rispetto al 2010. A questo ritmo si prevede di arrivare a circa 82 Mt entro il 2030 (quasi un terzo in più). Di queste tonnellate, soltanto il 22–25% viene raccolto e riciclato in modo documentato. Il resto – stimato intorno all’80% – finisce in discariche o flussi illegali, con rischi ambientali elevati. L’e-waste contiene materiali preziosi ma anche tossici: mercurio, piombo, cadmio, cromo esavalente e ritardanti di fiamma bromurati. Queste sostanze, se rilasciate nell’ambiente, contaminano suolo e acqua, con danni a lungo termine per la salute umana.
Secondo fonti ONU, «l’e-waste è un flusso di rifiuti complesso contenente sostanze pericolose come il mercurio, che possono danneggiare il cervello e il sistema nervoso umano».
Internet e AI: Quale futuro?
Sebbene il digitale sembri “pulito”, inquina più del previsto e la sua impronta cresce più rapidamente di molti altri settori. Per queste ragioni è auspicabile intervenire oggi per contenere l’impatto futuro. Pur senza negare il fatto che Internet oggi sia uno strumento essenziale, è evidente la necessità di una transizione verso il digitale sostenibile, oltre ad un utilizzo consapevole e responsabile della Rete. E allora cosa possiamo fare? Favorire la realizzazione di data center alimentati al 100 % da fonti
rinnovabili, riciclare i dispositivi elettronici, prolungandone la vita, ridurre lo streaming in 4K quando non necessario, utilizzare AI e cloud computing solo quando servono davvero. Non si tratta di demonizzare Internet, ma di conoscerlo meglio ed essere consapevoli del fatto che il digitale non è immateriale, il suo impatto cresce di anno in anno con ripercussioni concrete sull’ambiente, sulla vita delle persone e di intere comunità. La vera sfida del futuro sarà usare la tecnologia, l’intelligenza umana e quella artificiale per ridurre tale impatto ambientale, consapevoli del fatto che ogni “click” ha un costo invisibile ma elevato che può incidere sul benessere dell’intera umanità.
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