Cittadini, banche e governi che rinunciano ad esercitare il proprio potere

Un filo rosso, sottile ma molto evidente a chi per lavoro si occupa di contenziosi bancari, lega due vicende molto distanti fra loro, ma che hanno un comune denominatore: i rapporti con il sistema bancario italiano.
Ci riferiamo alla tragedia avvenuta in provincia di Verona durante il tentativo di sfratto da una cascina, e alle discussioni in seno al governo sulla manovra finanziaria per il 2026.
Tutti siamo comprensibilmente colpiti dalla morte dei tre carabinieri, uccisi dall’esplosione della cascina che i tre fratelli ex proprietari avevano saturato di gas per ostacolare lo sfratto subìto. I più sono concentrati sulla “follia” del gesto compiuto dai tre fratelli, certo non usuale e sicuramente criminale per le conseguenze che non era difficile immaginare. Qualcuno si chiede se la tragedia poteva essere evitata. Questo non lo sappiamo, perché la scelta di usare mezzi di resistenza così estremi e pericolosi potrebbe essere stata determinata da una qualche instabilità emotiva dei proprietari espropriati. Instabilità che, se esiste, è stata certamente accentuata dall’essersi ritrovati senza casa e senza mezzi di sostentamento, per non avere potuto rimborsare un debito verso una banca.
Non sono rari i casi di persone che, ridotte sul lastrico per lo stesso motivo, si sono uccise o hanno minacciato di gettarsi da un ponte per richiamare l’attenzione generale sulla loro situazione. Ma nel caso in questione, i contestatori, chiamiamoli così, non hanno ucciso sé stessi ma tre persone incolpevoli.
La domanda allora è: il pignoramento della cascina è stato legalmente giustificato? Chi lo ha autorizzato ha valutato attentamente la correttezza delle condizioni applicate dalla banca a cui i tre fratelli si erano rivolti? Ha verificato che non fossero vessatorie e il tasso non fosse usurario?
Ci chiediamo questo perché quotidianamente verifichiamo quanto siano alti in Italia (rispetto ad altri paesi dell’Unione) i tassi sui finanziamenti e quanto sia sproporzionato, asimmetrico, il rapporto fra chi eroga un finanziamento e chi lo riceve, quanto sia difficile, se non impossibile, per il cliente, pattuire delle condizioni eque invece di dovere accettare, obtorto collo, quelle che di fatto vengono imposte dal sistema creditizio.
La scarsa cultura finanziaria degli italiani, unita alla pochissima trasparenza delle condizioni applicate, favorisce questo stato di cose.
Non basta che per un finanziamento vengano pubblicizzati il Tasso Annuo Nominale (il cosiddetto T.A.N.) e il T.A.E.G., cioè l’indicatore che dovrebbe permettere al cliente di confrontare le condizioni applicate dalla sua banca con quelle di altre banche. Il T.A.E.G. dovrebbe comprendere tutti i costi che il cliente paga per un finanziamento, ma quello ufficialmente dichiarato dalla banca quasi mai li comprende tutti, dando così al cliente un’indicazione fuorviante, perché il valore che gli viene indicato è inferiore a quello effettivo.
L’esempio più lampante di questa che eufemisticamente possiamo definire scarsa trasparenza, ci viene dalle assicurazioni che vengono fatte stipulare al momento della concessione di un prestito. Benché la giurisprudenza, ormai unanimemente, stabilisca che di fatto sono un costo collegato al credito, anche se formalmente facoltative, continuano a non essere quasi mai considerate ai fini del T.A.E.G. Quanto sia fuorviante questo comportamento lo vediamo in questi due esempi.
Per un mutuo decennale di € 100.000, al tasso nominale del 3,39%, affiancato da una polizza assicurativa di € 10.000, la banca dichiara un T.A.E.G. del 5,559%.
Invece, considerando anche il costo della polizza l’indicatore schizza all’8,086%.
Una bella differenza di cui il cliente non ha consapevolezza!
La responsabilità di questa scarsa trasparenza, però, non è solo delle banche ma di come vengono rilevati i tassi medi applicati dal sistema bancario.
Premesso che la legge stabilisce una soglia al di sopra della quale un tasso diventa usurario, il problema sta nel modo in cui vengono rilevati i tassi globali medi dai quali si parte per verificare il superamento o meno di tale soglia. Globali perché tengono (o dovrebbero tenere) conto dei costi che le banche fanno pagare.
Il compito di rilevare trimestralmente i valori dei tassi globali medi applicati dal sistema bancario per le varie tipologie di finanziamenti è affidato alla Banca d'Italia, la quale periodicamente dà alle banche apposite istruzioni sui costi di cui tenere o non tenere conto (come se quelli esclusi non costituissero comunque un onere per i clienti).
Ora, è evidente che escludere dalle statistiche alcuni dei costi che i clienti sostengono, falsa il risultato, dando l’impressione che i tassi che paghiamo sui finanziamenti siano più bassi di quanto in realtà sono. È come se in una statistica sull’altezza media delle popolazioni africane venissero inclusi i Pigmei ed esclusi i Watussi. Ne risulterebbe un’altezza media più bassa, come fittiziamente più bassi risultano i tassi “medi” applicati dal sistema bancario.
Poiché, come si è detto, per accertare il superamento o meno della soglia di usura si parte dai tassi globali medi, se questi sono indicati in misura artificialmente bassa, superare quella soglia è sempre stato difficile.
È diventato quasi impossibile da quando nel 2011 (ministro dell’Economia Giulio Tremonti) il meccanismo per fissare la soglia è stato modificato in maniera peggiorativa rispetto al sistema precedentemente in vigore, di modo che i clienti continuano a pagare tassi altissimi, formalmente legittimi ma di fatto usurari.
Per evidenziare quanto tutto ciò sia penalizzante per il sistema economico nazionale, abbiamo fatto il confronto con la Francia, paese che ha una struttura socio-economica e una legislazione anti usura bancaria molto simili alle nostre.

Crediamo che non ci sia bisogno di commenti, perché le cifre parlano da sole.

Oltre ai tassi esorbitanti applicati ai finanziamenti, un’altra notevolissima fonte di reddito per le banche sono diventate le commissioni e provvigioni. Illuminante al riguardo una dichiarazione fatta nel 2023 (ma sempre attuale) dall’A.D. della banca Intesa Sanpaolo, riportata dal Sole 24Ore.
Disse allora il manager «Nel 2023 registreremo un livello incredibilmente alto di utile netto: ben oltre i 7,5 miliardi di euro. Nel 2024 e nel 2025 ci aspettiamo che il risultato netto cresca ancora, anche rispetto al 2023. E la leva principale saranno le commissioni».
E qua arriviamo all’altro capo di quel filo rosso di cui parlavamo all’inizio: il governo e la manovra finanziaria 2026.
L’articolo 53 della Costituzione dice che «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.»
Questo è sicuramente uno degli articoli meno applicati della nostra Carta, infatti da anni sentiamo parlare di equità fiscale, di tassazione dei grandi patrimoni e degli extraprofitti, ma invece di farlo si è continuato a colpire i redditi medi e bassi e a graziare gli evasori con continui condoni.
Ciò che oggi colpisce è che il governo attualmente in carica, perpetuando l’inerzia di altri esecutivi che lo hanno preceduto, non solo ha continuato a disattendere il dettato dell’art. 53 della Costituzione, ma ha anche adottato un linguaggio che sa di ossequio, di cortigianeria diremmo, se non fosse diventata una parolaccia, verso chi produce utili immensi e fa di tutto per non distribuirne una parte anche piccola alla collettività, cioè alle stesse persone che hanno consentito loro di realizzare quegli utili immensi.
Cos’altro è, se non cortigianeria, sudditanza non solo psicologica, chiedere un contributo alle banche, come se fosse una loro gentile concessione, invece di agire tassando i superprofitti, come imporrebbe la Costituzione, sia col citato articolo 53, sia con l’articolo 81 che dice «Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.»
Non c’è alcun dubbio sul fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini e delle imprese grandi e piccole stanno attraversando una fase molto avversa del ciclo economico, così come è più che evidente che per le banche, al contrario, il ciclo economico è ai massimi livelli (anche grazie agli innumerevoli tipi di commissioni che tutti paghiamo).
Per evitare altre tragedie, è ora che chi governa lo faccia rispettando la Costituzione, in questa come in altre materie.
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