L'APPROCCIO BIOFILICO COME NUOVO PATTO SOCIALE - di Antonio Monopoli

Pubblicato il 7 settembre 2025 alle ore 03:59

 

Investire nel verde urbano significa investire in salute pubblica, sostenibilità e coesione sociale: un uso più equo delle risorse collettive può generare un nuovo patto culturale e politico per il futuro delle comunità.

Il verde urbano è ormai diventato un simbolo universale del vivere bene: parchi rigogliosi, viali alberati, giardini che offrono ombra e frescura nelle estati sempre più torride. È un’immagine che affascina e che tutti dicono di desiderare. Ma dietro la cartolina si nasconde un paradosso: il verde, per esistere e mantenersi vitale, ha un costo. Richiede acqua, manutenzione, competenze tecniche, programmazione a lungo termine. Non è un elemento decorativo che cresce spontaneamente: è una infrastruttura viva, fragile, che va coltivata con continuità.

 

 

 

 

 

Molto spesso, però, il discorso pubblico si arena davanti al tema delle risorse.

 

Da un lato, c’è la richiesta di più verde, dall’altro il rifiuto di accettare che il verde urbano non possa essere mantenuto a costo zero.

 

Nasce così una contraddizione diffusa: si esige qualità ambientale, ma si pretende che sia gratuita. Si dimentica che un albero piantato oggi senza un piano di irrigazione e di cura costante non è un investimento, ma un gesto retorico destinato a trasformarsi in degrado.


Oltre il giardino ornamentale – La città biofilica

 

Il vero salto di qualità avviene quando smettiamo di considerare il verde urbano come un arredo, e iniziamo a pensarvi come parte integrante del sistema urbano. Una città biofilica non si limita a inserire qualche albero lungo le strade, ma integra il verde nella propria struttura: nei cortili, nelle scuole, negli ospedali, negli spazi di lavoro, nella mobilità quotidiana. Il verde diventa così un elemento che respira insieme alla città, che ne regola il microclima, che restituisce benessere psicologico e sociale.

La biofilia non è dunque un’idea estetica, ma una visione antropologica e culturale. Significa riconoscere che l’essere umano ha un bisogno profondo di relazione con la natura, e che questa relazione non può ridursi a qualche visita occasionale a un parco periferico. È un bisogno quotidiano, radicato nella mente e nel corpo, che influenza la salute, le relazioni sociali, persino la produttività economica. Una città che si ispira alla biofilia non costruisce “giardini più belli”, ma costruisce un modo di vivere diverso, in cui lo spazio urbano è pensato come ambiente favorevole alla vita, e non solo come contenitore di funzioni.

 

Redistribuire l’introito fiscale, non aumentarlo

Di fronte alla necessità di finanziare e mantenere il verde urbano, la prima obiezione è quasi sempre di natura fiscale: “chi paga?”. La risposta più semplice, ma anche la più riduttiva, è: “bisogna aumentare le tasse”. È una scorciatoia logica che rischia di trasformare ogni progetto innovativo in un aggravio per i cittadini. Eppure non è affatto l’unica strada possibile.

La vera questione non è creare nuove tasse, ma ridefinire le priorità di spesa. Proprio come una famiglia che riorganizza il proprio bilancio quando cambiano i bisogni, anche una comunità politica deve saper spostare risorse da capitoli meno strategici a obiettivi che migliorano in modo diretto la qualità della vita. Il verde urbano, inteso in chiave biofilica, rientra a pieno titolo tra questi obiettivi. Non si tratta di un lusso o di un abbellimento, ma di un investimento in salute pubblica, resilienza climatica, benessere sociale.

Questa prospettiva apre a una considerazione più ampia: la fiscalità non è soltanto un meccanismo di prelievo, ma uno strumento di orientamento culturale. La scelta di destinare fondi al verde urbano non è soltanto una decisione tecnica, ma un messaggio politico che dice quali beni consideriamo fondamentali per il futuro. In questo senso, il verde non si finanzia “con soldi in più”, ma con una diversa gerarchia di valori tradotta in numeri di bilancio.

 

Un cambiamento culturale – Psicologia e civiltà

Il passaggio verso città biofiliche non è soltanto una questione di risorse economiche o di ingegneria urbana: è prima di tutto una trasformazione culturale. È un cambiamento nel modo in cui una società pensa se stessa e il proprio futuro. Significa riconoscere che l’ambiente che costruiamo modella i nostri comportamenti quotidiani, e che a loro volta i nostri comportamenti influenzano l’ambiente.

La psicologia ambientale ci insegna che lo spazio non è neutro. Una piazza alberata stimola relazioni diverse rispetto a un parcheggio asfaltato, un cortile verde favorisce la cooperazione e il gioco dei bambini più di un cortile cementificato, un ufficio con luce naturale migliora concentrazione e benessere rispetto a uno spazio chiuso e artificiale. Sono dinamiche sottili ma decisive, che mostrano come l’urbanistica non sia mai solo tecnica, ma anche pedagogia sociale.

Per questo parlare di verde urbano non significa occuparsi di “arredi” o di dettagli estetici, ma di civiltà. Significa decidere che il benessere psicofisico, la salute collettiva e la sostenibilità ambientale diventano priorità fondanti. È in questa prospettiva che il verde diventa il motore di un circolo virtuoso: l’uomo trasforma l’ambiente, e l’ambiente trasforma l’uomo, generando nuove forme di responsabilità condivisa e di appartenenza civile.

 

Il verde come nuovo patto sociale

Alla fine, la questione del verde urbano non può essere ridotta a un calcolo di costi e benefici immediati. Certo, i bilanci contano, e senza programmazione economica non si realizza nulla. Ma il verde è molto più di una voce di spesa: è un patto sociale. Significa che una comunità decide di investire nella propria salute, nella propria resilienza, nella propria capacità di costruire futuro.

Un parco ben curato non è solo un luogo di svago: è una forma di prevenzione sanitaria, un presidio climatico contro le ondate di calore, un generatore di relazioni sociali. Un viale alberato non è soltanto un abbellimento estetico: riduce l’inquinamento, abbassa le temperature, migliora la vivibilità quotidiana. Sono dati che la ricerca scientifica conferma sempre più chiaramente, e che mostrano come il verde non sia un lusso, ma una infrastruttura vitale.

In questa prospettiva, il verde urbano non può essere visto come un “di più”, da aggiungere quando le risorse lo permettono. Deve diventare parte integrante della definizione stessa di città, al pari delle strade, delle scuole, degli ospedali. È il segno che abbiamo compreso come la qualità ambientale e la qualità della vita siano inseparabili.

Parlare di città biofiliche, dunque, significa parlare di un futuro in cui la natura non è relegata ai margini ma riportata al centro della vita collettiva. Non si tratta di piantare alberi per fare marketing ambientale, ma di riconoscere che il rapporto con la natura è un diritto fondamentale e, insieme, un dovere condiviso. È qui che il verde diventa davvero il simbolo di un nuovo patto sociale: un patto che lega cittadini, istituzioni e generazioni future in una scelta di civiltà. 

 

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