
Diplomazia preventiva e fallimento del negoziato per i continui rifiuti dei negoziatori israeliani
Conseguenze di un intervento militare israeliano sulle strategie italiane in politica estera.
Scenari possibili
Israele sceglie di non ricorrere alla forza militare
Pur fermando la flottiglia, consente a osservatori internazionali o a un organismo dell’ONU di verificare il carico di aiuti umanitari. La gestione soft riduce le difficoltà diplomatiche, offrendo a Tel Aviv la possibilità di preservare e continuare l’occupazione di tutti i territori della Palestina senza subire ulteriori condanne.
Contestualmente, alcuni attori europei (Italia troppo timidamente) e la Turchia provano a rilanciare un tavolo negoziale su Gaza, invocando misure di allentamento del blocco, almeno per beni civili. In questo caso, l’azione di democrazia diretta nonviolenta voluta con coraggio e determinazione dagli attivisti della Global Sumud Flotilla si trasformerebbe da detonatore di crisi a catalizzatore per il dialogo internazionale.
Israele usa la forza militare e provoca una crisi diplomatica globale
Nell’ipotesi di un intervento armato di Israele, causa di vittime civili tra gli attivisti, sarà inevitabile infliggere a Israele una condanna durissima a livello internazionale, con alcuni Paesi europei probabilmente pronti a sospendere accordi di cooperazione e il mondo arabo che mobilita le piazze. Gli Stati Uniti, pur difendendo, da sempre, Israele, si trovano sotto forte pressione interna ed esterna, mentre Russia e Cina sfruttano l’occasione per rafforzare la loro influenza diplomatica nel Mediterraneo e nella regione del Medio Oriente.
Per Israele, il costo è altissimo: isolamento politico, riduzione della cooperazione economica con l’Europa e ulteriore deterioramento dei rapporti con l’ONU, oggi già interrotti. Sul piano regionale, l’episodio rischia di alimentare un nuovo ciclo di violenza a Gaza e di respingere qualsiasi tentativo di mediazione. La reazione diplomatica all'uso della forza militare contro la flottiglia potrebbe spaziare da una dura criticità e sanzioni, ad oggi solo simboliche a una difesa cauta della posizione israeliana.
Lo scenario più probabile è una via intermedia
Israele ferma la flottiglia con un’operazione militare controllata, senza vittime gravi ma con forte esposizione mediatica. Ne seguono condanne formali da parte di UE, ONU e mondo arabo, senza però sfociare in sanzioni significative come ha già dimostrato il parlamento europeo e la totale assenza del governo italiano.
Gli Stati Uniti e i principali alleati occidentali adottano una linea di difesa prudente, ribadendo il diritto di Israele alla sicurezza ma invitandolo alla moderazione, il solito appello sventolato da oltre 70 anni. Le Ong e i movimenti pacifisti e nonviolenti mantengono alta la pressione, ma senza tradursi in un cambio strutturale tanto da incidere sulle decisioni delle relazioni diplomatiche.
In questo scenario, la crisi resta confinata a una nuova polarizzazione internazionale, senza però modificare in profondità lo status quo: stallo dei negoziati, tensioni costanti e diplomazia europea sempre troppo timida e sempre più divisa tra fermezza e complicità.
L’azione nonviolenta nel portare cibo e medicine alla popolazione palestinese, vittima di un genocidio, viene condotta nella piena legalità, nel rispetto del diritto internazionale e nella difesa dei diritti umani. La Global Sumud Flotilla è un banco di prova non solo per Israele, ma anche per la tenuta della diplomazia internazionale, delle società democratiche, dello Stato di Diritto, nel sud del mondo e per la credibilità dell’Europa come attore geopolitico unitario, spesso evocato da molti leader di partito.
L’Italia persegue un grave errore nella gestione della politica estera in Medio Oriente, interessata esclusivamente a difendere i propri interessi negli scambi commerciali con la stessa Israele e gli Stati Uniti, nel tentativo di rafforzare la propria identità di ponte tra Mediterraneo e Unione Europea.
Come spesso accade in Medio Oriente, la differenza tra tregua temporanea e crisi di lungo periodo dipenderà dalla capacità degli attori di gestire l’imprevisto senza cedere alla logica della guerra e della violenza.

Le politiche estere del governo italiano guidate dal ministro degli esteri, Antonio Tajani, nonostante le dichiarazioni di intento, dopo anni non hanno prodotto nulla, l’unico interesse italiano è quello di portare avanti le decisioni imposte dalla presidenza degli USA, in particolare per favorire gli scambi commerciali e permettere a Roma di ottenere, USA permettendo, una posizione favorevole in ambito commerciale e militare nel mediterraneo. (1*).
Ripassiamo un pò di storia per aiutare il ministro Tajani: la Palestina esiste senza alcun dubbio, l’identità del popolo palestinese è conosciuta da millenni ma da oltre 70 anni, i suoi territori, città e confini sono occupati militarmente dall’esercito israeliano.
Dopo anni di occupazione, repressione, arresti, torture e ogni tipo di violenza fisica e negazione di ogni diritto nei confronti del popolo palestinese, osservando una mappa geografica, la forza militare di Tel Aviv ha spaccato in 4 parti i territori del futuro Stato di Palestina: i territori del 1948, milioni di palestinesi vivono da cittadini di serie B all’interno di Israele, la capitale palestinese Gerusalemme, la Striscia di Gaza e i territori della Cisgiordania conosciuta anche come Westbank.
Israele con la brutalità della forza militare, colpevole di un genocidio, di cui dopo l’indagine indipendente non c’è alcun dubbio (2*) ha così interrotto una continuità territoriale ed economica in tutti i territori della Palestina.
Una soluzione alla questione palestinese è semplice, è sufficiente imporre a Israele e il suo esercito al ritiro oltre i confini disegnati nel 1967 e porre fine ad ogni forma di occupazione militare, riportando in Israele gli oltre 200.000 mila settlers, coloni, avamposto delle forze militari di Tel Aviv.

Nel caso della Striscia di Gaza, territorio della Palestina, la soluzione è suggerita dalla storia della città di Berlino situata all’interno dei confini della ex DDR quando era ancora in piedi il muro di Berlino. La città si poteva raggiungere esclusivamente percorrendo una solo strada denominata ‘Transit’. Le soluzioni non mancano ma la volontà politica si (3*)
Qui, a questo link, le parole del ministro durante il Question Time al Senato di giovedì18 settembre c.a. (4*).
Pochi minuti fa abbiamo ricevuto in redazione la notizia che non volevamo mai leggere: con 247 voti favorevoli, la Camera ha approvato la riforma costituzionale favorevole alla separazione delle carriere, ora la questione passerà al Senato. L’Italia a tutta velocità, sotto la spinta dei vecchi e nuovi autoritarismi, sta perdendo ogni forma dello Stato di Diritto cedendo il posto ad una forma di Stato autoritario. Per tutta la comunità italiana si avvicina una nuova sfida: fermare questa deriva autoritaria, perché il fascismo è illegale mentre l’antifascismo é legale.
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