
Non si tratta certo del rumore delle bombe sonore e urticanti lanciate nel pieno dell’oscurità della notte del 23 settembre, (che equivale un po'; come colpire alle spalle), su 11 imbarcazioni civili della Flotilla, (di Italia, Inghilterra e Polonia), in rotta verso una zona di guerra per fini umanitari - azione tra le più normali in tempi di guerra e previste dal Diritto Internazionale Umanitario – a far sentire i rimbombi delle granate ma di qualcosa di molto più detonante che l'iniziativa internazionale della Flotilla sta scatenando.
Si tratta di un’impresa fortemente rischiosa di imbarcazioni, organizzata dalla società civile Global Sumud Flotilla, ("flottiglia mondiale del sumūd" o "della resilienza"; in arabo أسطول الصمود العالمي, Usṭūl aṣ-Ṣumūd al-ʿĀlamī), composta da circa 34 imbarcazioni, che ha avviato alla fine di agosto e sta conducendo in rotta verso Gaza con l'obiettivo di rompere il blocco israeliano della Striscia e portare aiuti umanitari approdando dal mare, visto che tutti gli altri varchi sono bloccati o gestiti comunque dall’IDF, (Forza di Difesa di Israele, fondata nel 1948 e tra le più addestrate al mondo alla battaglia).
E’ un’impresa grandiosa e spettacolare perché persone civili, mettendo in gioco e a rischio la propria vita, hanno creato una flotta di barche non solo per portare cibo, medicine e quanto necessario alla sopravvivenza di un popolo, martoriato e tenuto in gabbia nel solo intento del suo sterminio, ma anche perché, attivando una giustizia dal basso, hanno creato un varco verso la strada di una probabile accelerazione della risoluzione della guerra in corso. Processo di Pace a tutt’oggi ampiamente dibattuto ma fermo anzi bloccato dalla falsa diplomazia istituzionale dei vari Paesi scesi in campo per la ricerca di soluzioni possibili di Pace, di fatto manipolati, strumentalizzati e sotto ricatto dei grandi interessi geo-politico-economici, e di sudditanza, del grande burattinaio americano. Il risultato è che altri attori hanno preso l’iniziativa e in modo più concreto la stanno conducendo certo con qualche rischio ma di fatto le granate sulla Flotilla della scorsa notte hanno avuto l’effetto di uno ‘spintone’ alla presa in carica della questione da parte dei politici italiani e, se da una parte c’è stata la tendenza a minimizzare, (Salvini, “Quando ti avvicini a una zona di guerra si rischia”), o a sminuire, (I.La Russa, “È inutile alzare i toni (…). La drammatizzazione sarebbe un fuor d';opera"), dall’altra la questione è stata presa, finalmente, su serio. Alle ore 03:50 di ieri mattina il ministro della Difesa Crosetto, alla notizia dell’aggressione, per garantire soccorso e assistenza ai cittadini italiani, ha organizzato un intervento immediato, dirottando la fregata multiruolo Fasan della Marina militare, in navigazione a nord di Creta nell'ambito dell'operazione Mare Sicuro, verso la Flotilla aggredita. Sempre il ministro Crosetto ha previsto un intervento in Senato sulla questione e sulle ipotesi di intervento da adottare in caso di incidente diplomatico o ulteriori aggressioni militari da parte di Israele sulla Flotilla umanitaria. Alla Camera PD, Avs e M5S hanno occupato emiciclo e banchi del Governo per discutere sull’aggressione avvenuta la notte scorsa e sempre nella mattinata di ieri, dal Nord al Sud, tante sono state le scuole che hanno risposto al rimbombo delle granate con assemblee, manifestazioni e occupazioni.
Eppur qualcosa comincia a muoversi. Finalmente. Ma non basta. Il processo verso il riconoscimento della Palestina procede, parallelamente alla sua distruzione verrebbe da dire, e ad oggi è riconosciuta come Stato Sovrano da 157 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite, (80%), pur facendone parte dal 2012 come Stato osservatore, non membro, e pur essendo riconosciuta dal 2014 di fatto come Stato, dalla Corte Penale Internazionale Ma non Basta.
Sicuramente le infinite manifestazioni con i milioni di persone scese e che continuano a scendere nelle strade ad esprimere il proprio dissenso contro le politiche infami dei propri governi hanno contribuito ad accelerare il processo per trovare delle soluzioni alla costituzione dei ‘2 Popoli 2 Stati’ e porre termine al massacro ancora in atto e insieme a queste, il viaggio della Global Sumud Flotilla, tra le più grandi iniziative e manifestazioni indipendenti a difesa e sostegno dei Diritti Umani.
Ma non basta.
Tanto di tutto ciò che sta accadendo in questi ultimi anni post-covid ha contribuito alla formazione di una nuova coscienza di classe internazionale, insieme anche al nuovo assetto geo-economico-politico, da cui ne sono usciti rafforzati i BRICS, e contestualmente all’evolvere della politica circense di Trump, fatta di accordi e disaccordi spettacolari, dispetti, vendette e abusi illegali oltre ogni limite, mettendo in luce, in occasione della questione palestinese, la consapevolezza di una gestione politica generale costituita da compromessi indicibili e ricattatori, (Meloni-Trump), gestita nel più assoluto ‘libero arbitrio’ (caso Almasri, Centri di prima accoglienza in Albania, vendita armi), impassibile di fronte a qualsiasi responsabilità o reato e soprattutto impunita.
La consapevolezza che in guerra e in politica tutto è permesso, è diventato un dato, dove legalità e illegalità sono interpretabili a seconda del caso, motivabili e giustificabili a seconda del caso, e alla fineanche archiviabili, (caso Meloni-Almasri). Riconoscere lo Stato di Palestina dunque, pur essendo un’impresa notevole, dovendo contemplare anche la liberazione di tutti i territori occupati, possibilmente dal 1967 in poi, e garantire il diritto al ritorno a tutti coloro ai quali erano stati sottratti (e che avevano conservato le chiavi delle loro case), non basta.
Oltre alla revisione di tutte le occupazioni illegali effettuate da parte dei Settlers nel corso degli anni con espropri arbitrari di terre e insediamenti illegali di villaggi, legalizzati dal governo e forniti di tutto, è assolutamente urgente applicare tutte le sanzioni e le risoluzioni ONU già attribuite al governo Netanyahu per una guerra che si è riversata soprattutto su un popolo civile in gabbia, affamato e amputato, con il solo intento di sterminarlo. Intento peraltro esplicitamente dichiarato pubblicamente anche dai diversi ministri del governo Netanyahu, e mai ostacolato veramente dai Paesi "democratici" del mondo, il cui silenzio ha significato: "lasciamo portare a termine il lavoro (sporco) a Netanyahu", ringraziandolo pure per aver avuto il coraggio di inventare pretesti e sdoganare i peggiori soprusi e atti criminali senza remore, alla luce del sole e dei media. Il mondo civile che scende a milioni nelle strade, che sciopera investendo ore del proprio salario per le cause comuni, che naviga mari minati senza paura, chiede che la giustizia riprenda il suo corso; che la politica riprenda il suo ruolo e che i politici prestino fede al loro giuramento, altrimenti via. E’ giunto il momento di applicare le sanzioni e farle pagare ai responsabili di crimini di guerra, un inizio per fermare lo sconcerto della gente di fronte alla deriva politica per ridarle di nuovo valore e credibilità, e dare credibilità a tutte le Istituzioni atte alla salvaguardia dei diritti civili (CIG, CPI), laddove l'abuso di potere da parte di chi ci rappresenta e ci governa non fa altro che scatenare malcontento e rabbia compressa fino a creare una bomba sociale che se innescata é pronta ad esplodere in ogni momento, e le rivoluzioni, o anche meno, la costituzione di organizzazioni terroristiche eversive, come racconta la storia, si sviluppano in periodi di profonde crisi politico-sociali.
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