I negoziati Israele-Palestina imposti dagli USA: i diritti sospesi cedono alla legge del più forte- di Maurizio Torti

Pubblicato il 8 ottobre 2025 alle ore 21:41

Esclusa l’Autorità Palestinese. Il confronto tra Israele e Hamas in un equilibrio di potere che ignora
le rappresentanze ONU ed europee.

Pensare alla sola presenza di un unico interlocutore nella Striscia di Gaza è un errore, in Palestina ci sono altri partiti e gruppi combattenti palestinesi che si riconoscono, nell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) ma non sono stati invitati ai negoziati diretti tra Israele e Hamas in Egitto per diversi motivi politici e strategici imposti dagli Usa e da Tel Aviv. Hamas è infatti considerato da Israele e dagli Stati Uniti l'interlocutore principale nella Striscia di Gaza e il movimento che attualmente detiene il controllo militare e politico dell’area. 

L'ANP, che ha base e controllo in Cisgiordania, Palestina, non è stata invitata, perché è politicamente, vista da Israele, rivale di Hamas e la sua delegittimazione o esclusione riflette le strategie dei servizi segreti di Tel Aviv che hanno da tempo creato le condizioni, politico militari, per favorire le divisioni interne palestinesi utilizzando Hamas come arma. La crescita di Hamas a livello politico e militare, finanziata anche dallo stesso Israele, ha scelto un obiettivo, distruggere le forze politiche palestinesi e la loro presenza sul territorio. Israele e gli Stati Uniti, costretti dalla resistenza palestinese a sedersi attorno al tavolo e accettare i negoziati e il confronto diretto con Hamas. La leadership di Hamas ha centrato, in questa fase del conflitto tra Israele-Palestina una vittoria politica, perché è anche una realtà politica, cresciuta e quindi con gli anni, difficile da controllare. Israele non ha considerato il fattore resistenza e che Hamas ha poi ottenuto il controllo, quasi totale della Striscia di Gaza. Israele ha poi valutato erroneamente la reale forza dell’ANP sbagliando, considerandola lontana dal controllo effettivo a Gaza e impotente a gestire la crisi attuale.

Le pressioni di Trump al fine di arrivare al più presto alla firma per un accordo è incentrata sul cessate il fuoco e il rilascio di ostaggi, hanno portato a escludere interlocutori considerati meno rilevanti o troppo divisivi in questa fase. Gli altri gruppi palestinesi sono stati esclusi per evitare che i negoziati coinvolgessero anche altri territori occupati, una discussione sulla creazione di uno Stato di Palestina e il diritto al ritorno dei palestinesi espulsi nel corso dell’occupazione militare da Israele. 

Grandi esclusi l’ONU e sue agenzie come l’Unrwa per evitare di affrontare i temi dei crimini di guerra e del genocidio in atto. USA e Israele proseguono nel loro disegno che mira a negoziare solo con Hamas, in questo contesto, considerato riconoscibile ma ne chiedono la resa dei leader e di tutti i combattenti, l’esclusione da una nuova formazione politica e militare, nel tentativo di amplificare le divisioni all’interno del governo palestinese. 

Sul tavolo lo scambio dei prigionieri

C’è un altro punto molto delicato, lo scambio dei prigionieri israeliani, militari e civili con i prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Ad oggi il numero esatto di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane è incerto, si stima tra le 11000/12000 persone tra cui anche minori. Ad ogni tentativo di negoziati, dalla Striscia di Gaza è sempre stata stilata una lista di nominativi e tra queste spicca il nome del palestinese Marwan Barghouti. 

Marwan Barghouti è un politico palestinese di grande rilievo, incarcerato in Israele dal 2002. Nato nel 1959 vicino a Ramallah, è stato uno dei leader dell’intifada ed è considerato un simbolo della resistenza palestinese. È stato condannato da un tribunale israeliano a cinque ergastoli accusato di essere il mandante di azioni militari della Brigata dei Martiri di al-Aqsa, tra cui attacchi contro obiettivi militari. 

Barghouti si è sempre dichiarato innocente e ha rifiutato di riconoscere la giurisdizione del tribunale israelo-palestinese. È conosciuto anche per la sua forte critica sia al processo di pace sia al coordinamento di sicurezza tra autorità palestinesi e Israele, considerato un tradimento dalla maggioranza dei Palestinesi. 

Nella lista consegnata ai negoziatori americani ed israeliani c’è il nome di Barghouti, perché gode di enorme popolarità e riconoscimento tra la popolazione palestinese e tra i combattenti, essendo visto come un potenziale leader capace di unire i gruppi palestinesi. La sua liberazione rappresenterebbe una vittoria politica importante peri palestinesi e per il movimento nazionale, oltre a essere un punto di negoziazione strategico negli scambi di prigionieri con Israele. Barghouti è detenuto in Israele come prigioniero politico di alto valore, e la sua figura è centrale sia sul piano simbolico che politico nel contesto del conflitto israelo-palestinese e nelle trattative di scambio ostaggi attuali. 

La liberazione di Marwan Barghouti avrebbe un impatto molto rilevante sui negoziati di pace tra Israele e Hamas e più in generale sul futuro politico della Palestina. Barghouti è considerato un leader capace di ridurre le divisioni interne tra Hamas e Fatah e di guidare un processo politico verso la pace e la stabilità.

La sua liberazione sarebbe vista da Hamas e da molti palestinesi come una grande vittoria morale, rafforzando la posizione negoziale palestinese e dando impulso a un accordo di scambio con Israele che includerebbe anche altri prigionieri. Per Israele, invece, cedere a questa richiesta comporterebbe enormi rischi politici e di sicurezza, poiché Barghouti il suo rilascio potrebbe essere percepito come una concessione sostanziale all’opposizione palestinese armata. 

Il rilascio di Barghouti potrebbe facilitare un cessate il fuoco duraturo e offrire una piattaforma più stabile per ulteriori negoziati di riconciliazione palestinese e di pace con Israele, ma allo stesso tempo rappresenta una fonte di tensione interna nel governo israeliano e tra l'opinione pubblica israeliana, che vede con sospetto un allentamento su un prigioniero considerato pericoloso. La liberazione di Marwan Barghouti provocherebbe reazioni significative a livello internazionale, con una gamma di risposte variegate ma generalmente attente all’opportunità di un passo verso la pace. 

I principali mediatori internazionali come l’Egitto e il Qatar e paesi non coinvolti nei negoziati, l’Unione Europea e le Nazioni Unite, vedrebbero positivamente la liberazione come un potenziale catalizzatore per un cessate il fuoco duraturo e un progresso nei colloqui di pace. Le istituzioni internazionali inviterebbero tutte le parti a cogliere l’opportunità per diminuire l’intensità del conflitto e avviare un processo di stabilizzazione. Il presidente americano Donald Trump, in questo contesto, ha espresso sostegno a una pace duratura legata al rilascio degli ostaggi e, implicitamente, alla liberazione di prigionieri chiave come Barghouti.

Tuttavia, la decisione sarebbe controversa e susciterebbe forti dibattiti politici in Israele e nei suoi alleati, dove c’è un ampio consenso su Barghouti come "terrorista" responsabile di atti contro Israele. Alcuni settori israeliani potrebbero opporsi con forza alla sua liberazione, temendo possibili ripercussioni di sicurezza e un rafforzamento politico di Hamas e degli oppositori interni. 

Tra la comunità internazionale più ampia, la mossa potrebbe essere accolta come un segnale di attenzione per i diritti umani e la giustizia politica, oltre che come un atto strategico per sbloccare un conflitto lungo e sanguinoso. Nazioni come la Francia, il Regno Unito e la Germania hanno già espresso con toni incoraggianti speranze sul cessate il fuoco e il rilascio di ostaggi, il che fa presagire un sostegno diplomatico a passi conciliatori. La liberazione di Barghouti avrebbe un forte impatto simbolico e pratico sul processo di pace, con consenso internazionale a favore ma con forti contrasti interni israeliani e rischi di tensioni nei rapporti diplomatici. 

Molti Stati nel mondo hanno espresso parere favorevole alla proposta di Trump e i punti dei negoziati, incluso l’Italia, quindi se all’interno del palazzo qualcuno ha veramente letto e compreso la proposta di negoziato, anche la liberazione di Marwan Barghouti ha riscosso pareri positivi.

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